Come mai è legittimo parlare di meta-crisi
Nel guardare alla situazione contemporanea, è oramai evidente che ci troviamo a vivere una serie di crisi convergenti che, per la prima volta nella storia, possono avere un impatto di portata planetaria.
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Nella storia dell’umanità, le crisi hanno sempre scandito i passaggi evolutivi delle civiltà, accompagnando transizioni epocali come il crollo di imperi, trasformazioni economiche, o grandi rivoluzioni sociali. Tuttavia, ciò che rende legittima e necessaria oggi la nozione di meta-crisi è che, per la prima volta, non siamo semplicemente di fronte a crisi isolate o territorialmente circoscritte, ma a una rete intricata di crisi interconnesse che coinvolgono contemporaneamente il piano ecologico, sociale, economico, tecnologico, psicologico e geopolitico.
“per la prima volta, non siamo semplicemente di fronte
a crisi isolate, ma a una rete intricata
di crisi interconnesse“
Se in passato una crisi locale—per quanto drammatica—poteva essere contenuta o assorbita attraverso risposte locali, oggi ci troviamo immersi in una dimensione radicalmente diversa: l’iperconnessione globale e l’interdipendenza sistemica fanno sì che nessuna crisi rimanga circoscritta. Problemi quali il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, le disuguaglianze economiche, la polarizzazione politica, la frammentazione sociale e le tensioni geopolitiche sono ora profondamente interrelati e generano reciproci effetti a cascata, moltiplicando la complessità e la gravità degli scenari possibili.
Dal punto di vista storico, la meta-crisi attuale rappresenta dunque un fenomeno qualitativamente nuovo rispetto ai secoli precedenti. Per la prima volta, l’umanità intera è chiamata a fronteggiare una sfida sistemica e globale, il cui esito riguarda letteralmente la sopravvivenza e la qualità della vita sul pianeta. Parlarne in termini di meta-crisi non è soltanto legittimo ma necessario, perché implica una presa di coscienza che supera la logica riduzionista e settoriale, abbracciando una visione integrata e complessa. Solo a partire da questa consapevolezza collettiva e transdisciplinare sarà possibile immaginare strategie evolutive e soluzioni all’altezza della portata storica della sfida che abbiamo davanti.

Come Risultato di scelte precedenti
Se guardiamo con attenzione il presente storico che oggi definiamo meta-crisi, possiamo comprendere che esso non è emerso casualmente, né improvvisamente. Al contrario, la situazione attuale è il risultato cumulativo di scelte, decisioni e azioni intraprese nel corso degli ultimi secoli, fondate su visioni del mondo parziali, riduzioniste e incapaci di cogliere la complessità e l’interconnessione dei fenomeni.
Seguendo la prospettiva neuroscientifica e filosofica proposta da Iain McGilchrist, possiamo leggere questo fenomeno come il frutto storico di una progressiva dominanza delle funzioni dell’emisfero sinistro del nostro cervello: razionale, analitico, riduttivo e lineare, focalizzato sul controllo, sulla categorizzazione e sulla separazione. Questo modo di pensare e percepire la realtà ha portato, nei secoli, all’affermazione di una cultura fortemente tecnocratica, scientista, capitalista e competitiva, che vedeva la natura e le risorse planetarie come oggetti passivi da sfruttare, piuttosto che come partner vitali con cui convivere.
la situazione attuale è il risultato cumulativo di scelte,
decisioni e azioni intraprese nel corso degli ultimi secoli,
fondate su visioni del mondo parziali
Storicamente, l’emisfero sinistro—con la sua tendenza a isolare e frammentare—ha alimentato un modello di sviluppo basato sull’idea che il progresso fosse sinonimo di accumulazione, crescita quantitativa e dominio della natura. Sebbene questo paradigma abbia portato innegabili benefici materiali, è proprio dalla sua visione parziale e squilibrata che derivano molte delle crisi globali contemporanee: dall’esaurimento delle risorse naturali all’emergenza climatica, dalla crisi della biodiversità al crollo della fiducia nelle istituzioni, fino all’acuirsi delle disuguaglianze sociali e dell’isolamento psicologico.
La meta-crisi contemporanea diventa allora il sintomo storico di uno squilibrio culturale profondo. È l’espressione visibile e concreta di una visione del mondo dominata da un unico modo di percepire, quello dell’emisfero sinistro, che ha progressivamente oscurato altre forme di sapere e altre modalità di relazione con il reale—quelle intuitive, empatiche, contestuali, interconnesse, e quindi proprie delle funzioni dell’emisfero destro.
Oggi, dunque, siamo chiamati storicamente a un’inversione evolutiva: integrare e bilanciare le modalità percettive e cognitive dei nostri due emisferi, recuperando così una visione complessa, integrata e relazionale del mondo. Soltanto superando la frammentazione tipica delle scelte del passato, possiamo realmente affrontare la meta-crisi come soglia evolutiva e intraprendere nuove direzioni capaci di generare futuro sostenibile, senso collettivo e relazioni autenticamente umane e planetarie

Meta-crisi come specchio interiore
Ogni crisi esterna, specialmente una di portata così ampia e sistemica come quella che definiamo oggi meta-crisi, riflette sempre anche un processo interiore profondo. Essa rispecchia in noi una destabilizzazione radicale, una crisi del nostro senso di significato, della nostra identità personale e collettiva, e delle visioni del mondo che abbiamo a lungo considerato certe, immutabili e definitive.
La meta-crisi, in questo senso, è anche un invito a guardare dentro di noi, uno specchio interiore che ci mostra quanto le nostre strutture cognitive ed emotive, i valori e le convinzioni attraverso cui ci siamo abituati a interpretare la realtà, non siano più sufficienti a coglierne la complessità, l’interconnessione e la trasformazione continua. Se intendiamo davvero percepire questa fase come un potenziale evolutivo, dobbiamo essere consapevoli che ciò richiederà di accogliere una trasformazione interiore, una vera e propria metamorfosi psicologica e spirituale.
Una metamorfosi non è mai del tutto prevedibile: implica necessariamente un attraversamento del caos interiore, un’apertura al non sapere e al non controllo, un’accettazione della vulnerabilità e dell’incertezza. Non possiamo conoscere in anticipo la forma definitiva di ciò che emergerà in noi e nella società, perché la forma finale semplicemente non esiste ancora. Essa emergerà dal processo stesso, e soltanto nell’atto stesso di attraversare consapevolmente questa crisi di significato e identità.
Ciò che stiamo sperimentando, nella sua essenza più profonda, è una crisi “psicologica”, una dissonanza cognitiva ed emotiva fra il modo in cui siamo stati abituati culturalmente e individualmente a interpretare il mondo—fisso, stabile, lineare, prevedibile—e il modo in cui il mondo realmente è: dinamico, complesso, fluido, interdipendente.
ci mostra quanto le nostre strutture cognitive ed emotive, i valori e le convinzioni attraverso cui ci siamo abituati a interpretare la realtà, non siano più sufficienti
In questo contesto, la visione filosofica di Alfred North Whitehead può offrirci un’indicazione preziosa. Whitehead ci insegna che la realtà non è mai un dato fisso, statico e definitivamente acquisito, bensì un continuo processo evolutivo e organico, un costante divenire relazionale. La sua filosofia processuale ci invita a guardare alla meta-crisi come a un momento necessario di consapevolezza evolutiva, in cui i nostri modelli interiori devono aprirsi, modificarsi e riorganizzarsi, abbracciando l’incertezza come fonte creativa.
La meta-crisi diventa allora, secondo questa prospettiva, una straordinaria occasione per risvegliarci, per rinnovare il nostro modo di percepire noi stessi e il mondo, e per partecipare attivamente a una trasformazione evolutiva autenticamente integrale.
MLS